INTRODUZIONE AL SISTEMA D-STAR
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Il D‐STAR, acronimo di “Digital Smart Technologies for Amateur Radio” nasce da una ricerca del governo giapponese portata avanti dai radioamatori della JARL (The Japan Amateur Radio League) su come le emergenti tecnologie digitali potessero essere utilizzate con successo anche tra i radioamatori.
Il risultato di questa ricerca iniziata nel 1999 viene alla luce nel 2001 con la pubblicazione delle specifiche del sistema.
ICOM è la prima casa costruttrice a decidere di utilizzare queste specifiche per lanciare sul mercato una linea di prodotti commerciali D‐STAR destinati ai radioamatori.
Le prerogative del sistema D‐STAR si possono riassumere come segue:
- Modulazione e codifica digitali con buona protezione dagli errori ed interessanti prestazioni anche con segnali deboli o affetti da fading (uso mobile e portatile)
- Larghezza di canale contenuta
- Trasmissione simultanea della voce e di dati a bassa velocità (ad esempio dati di posizione dal GPS, messaggi di testo, telemetria, etc…) nella modalità detta DV
- Trasmissione di dati ad alta velocità (128 Kb/s) nella modalità chiamata DD e fruibile soltanto in gamma 1200 MHz
- Possibilità di utilizzare ripetitori “intelligenti” interconnessi tra loro in tutto il mondo
Come sappiamo in un sistema analogico la frequenza portante viene modulata (variando frequenza, fase o ampiezza) dal segnale in banda base, ovvero dall’informazione che vogliamo trasmettere.
Ormai tutti abbiamo una certa familiarità con questo tipo di tecnologia e ne conosciamo pregi e difetti.
In un generico sistema digitale l’informazione da trasmettere (tipicamente la nostra voce) viene campionata, questo significa che ad intervalli di tempo regolari (a frequenza pari ad almeno il doppio della massima frequenza che intendiamo trasmettere) ne viene letto il valore istantaneo. Ecco che abbiamo fatto il primo “salto” nel digitale, ovvero abbiamo per così dire trasformato la nostra informazione analogica e variabile con continuità nel tempo in una serie di... numeri!
I numeri di cui sopra possono assumere infiniti valori, ma noi abbiamo bisogno di limitare questo insieme per giungere ad un numero finito di bit con cui andremo a codificare e trasmettere l’informazione.
Per far questo viene definito innanzitutto un minimo ed un massimo e di conseguenza una serie di valori finiti intermedi. Il valore campionato viene quindi fatto coincidere con il valore finito più prossimo, ovvero facciamo un’approssimazione. Questa operazione viene detta quantizzazione.
Il D‐STAR, acronimo di “Digital Smart Technologies for Amateur Radio” nasce da una ricerca del governo giapponese portata avanti dai radioamatori della JARL (The Japan Amateur Radio League) su come le emergenti tecnologie digitali potessero essere utilizzate con successo anche tra i radioamatori.
Il risultato di questa ricerca iniziata nel 1999 viene alla luce nel 2001 con la pubblicazione delle specifiche del sistema.
ICOM è la prima casa costruttrice a decidere di utilizzare queste specifiche per lanciare sul mercato una linea di prodotti commerciali D‐STAR destinati ai radioamatori.
Le prerogative del sistema D‐STAR si possono riassumere come segue:
- Modulazione e codifica digitali con buona protezione dagli errori ed interessanti prestazioni anche con segnali deboli o affetti da fading (uso mobile e portatile)
- Larghezza di canale contenuta
- Trasmissione simultanea della voce e di dati a bassa velocità (ad esempio dati di posizione dal GPS, messaggi di testo, telemetria, etc…) nella modalità detta DV
- Trasmissione di dati ad alta velocità (128 Kb/s) nella modalità chiamata DD e fruibile soltanto in gamma 1200 MHz
- Possibilità di utilizzare ripetitori “intelligenti” interconnessi tra loro in tutto il mondo
Come sappiamo in un sistema analogico la frequenza portante viene modulata (variando frequenza, fase o ampiezza) dal segnale in banda base, ovvero dall’informazione che vogliamo trasmettere.
Ormai tutti abbiamo una certa familiarità con questo tipo di tecnologia e ne conosciamo pregi e difetti.
In un generico sistema digitale l’informazione da trasmettere (tipicamente la nostra voce) viene campionata, questo significa che ad intervalli di tempo regolari (a frequenza pari ad almeno il doppio della massima frequenza che intendiamo trasmettere) ne viene letto il valore istantaneo. Ecco che abbiamo fatto il primo “salto” nel digitale, ovvero abbiamo per così dire trasformato la nostra informazione analogica e variabile con continuità nel tempo in una serie di... numeri!
I numeri di cui sopra possono assumere infiniti valori, ma noi abbiamo bisogno di limitare questo insieme per giungere ad un numero finito di bit con cui andremo a codificare e trasmettere l’informazione.
Per far questo viene definito innanzitutto un minimo ed un massimo e di conseguenza una serie di valori finiti intermedi. Il valore campionato viene quindi fatto coincidere con il valore finito più prossimo, ovvero facciamo un’approssimazione. Questa operazione viene detta quantizzazione.
Ora disponiamo del nostro segnale in banda base tradotto in una serie finita di valori numerici. Ad esempio se utilizzassimo 8 bit i valori che può assumere ogni campione sarebbero 256, in binario da 00000000 a 11111111.
Tutto questo ci permette adesso di “manipolare” questi numeri prima della trasmissione vera e propria utilizzando diversi algoritmi e metodi matematici con due scopi principali:
1. Proteggere l’informazione dagli errori che inevitabilmente dopo la trasmissione ci potranno essere a causa di fading, riflessioni, etc... e far sì che il ricevitore possa poi correggere efficacemente questi errori applicando un’operazione inversa. Quello che in analogico percepiamo come fruscio, rumore, distorsione, etc… in questo caso si tradurrebbe al ricevitore come un “numero sbagliato” o nel peggiore dei casi mai ricevuto!
2. Aumentare l’efficienza del sistema, utilizzando ad esempio metodi di compressione, ovvero trasmettere l’informazione desiderata occupando meno banda possibile. Qualcosa di simile a quello che succede con l’audio degli MP3 che tutti conosciamo!
Questa nostra informazione ora può essere incapsulata in quello che è il protocollo di trasmissione! Ovvero di quello standard che definisce e si occupa nello specifico con ulteriori dati aggiuntivi di gestire come avviene lo scambio di informazioni tra le diverse stazioni.
Ad esempio nel caso del D‐STAR vengono aggiunti dati come il nostro nominativo, quello del corrispondente, del ripetitore che intendiamo usare, etc...
Ecco che siamo pronti ad effettuare la trasmissione vera e propria ovvero a modulare la nostra frequenza portante per trasmettere quella serie di numeri 1 e 0 che i procedimenti sopra descritti hanno prodotto!
Così come in analogico abbiamo diversi tipi di modulazione (AM, FM, SSB, etc…) così per il digitale ancor di più esistono alcune varianti pensate appositamente per migliorare l’efficienza di una trasmissione numerica.
Tra le più semplici modulazioni digitali c’è l’FSK (Frequency Shift Keying) dove i due valori 0/1 da trasmettere vengono fatti coincidere con due frequenze note a cui viene fatta variare la portante.
Ecco, questa è praticamente quella che tutti meglio conosciamo perché utilizzata per il packet radio ed in APRS!
Per la precisione in packet radio a basse velocità (1200 bps), viene utilizzata l’ancor più semplice AFSK (Audio Frequency Shift Keying), dove la modulazione dei due toni avviene direttamente in banda base.
Il codificatore vocale
Ora che forse abbiamo più chiaro cosa significhi trasmettere in digitale possiamo cercare di capire come avviene tutto questo un po’ più nello specifico nel sistema D‐STAR.
Partiamo dalla codifica della voce, ovvero da quella operazione di compressione accennata in precedenza.
Questa parte è quella forse più controversa del sistema per il semplice fatto che è stata scelta una soluzione sicuramente valida, ma… commerciale, proprietaria e di cui ovviamente non sono disponibili i sorgenti.
E’ stato scelto l’algoritmo di compressione Advanced Multi‐Band Excitation (AMBE) della Digital Voice Systems, Inc. ( http://www.dvsinc.com/ )
Nelle radio D‐STAR c’è un chip AMBE 2020© a cui vengono inviati i dati che escono dal convertitore Analogico/Digitale, il quale effettua sostanzialmente le operazioni di campionamento/quantizzazione a 16 bit.
Quello che ne esce è un flusso di dati a 3600 bit per secondo.
Chi fino ad ora ha provato ad utilizzare una radio D‐STAR si sarà reso conto che la percezione della voce non è proprio uguale all’analogico. Anzi, molti si sono stupiti del fatto che in digitale la qualità e la fedeltà della voce sembra essere inferiore, introducendo proprio un fastidioso effetto di compressione.
Tutto ciò è dovuto anche ad una scelta nello standard che può essere condivisibile o meno.
La voce si sarebbe ad esempio potuta codificare ad un bitrate più elevato ovvero introducendo meno compressione e migliorare probabilmente la qualità percepita, ma al prezzo di dover allargare la banda occupata.
Oggi il D‐STAR vanta un canale di soli 6.25KHz ed una deviazione di circa 2KHz (contro i 5KHz di deviazione e 25KHz di canale occupato dell’FM analogico che usiamo normalmente), modulando la portante con un flusso di dati a 4800 bit per secondo. 3600 bps della codifica vocale + 1200 bps dei dati associati a bassa velocità e protocollo.
Da notare che i 3600 bps della codifica vocale sono comprensivi dei bit aggiunti per la correzione d’errore (Forward Error Correction) usata dal chip. La voce vera e propria viene quindi codificata a soli 2400 bps.
Partiamo dalla codifica della voce, ovvero da quella operazione di compressione accennata in precedenza.
Questa parte è quella forse più controversa del sistema per il semplice fatto che è stata scelta una soluzione sicuramente valida, ma… commerciale, proprietaria e di cui ovviamente non sono disponibili i sorgenti.
E’ stato scelto l’algoritmo di compressione Advanced Multi‐Band Excitation (AMBE) della Digital Voice Systems, Inc. ( http://www.dvsinc.com/ )
Nelle radio D‐STAR c’è un chip AMBE 2020© a cui vengono inviati i dati che escono dal convertitore Analogico/Digitale, il quale effettua sostanzialmente le operazioni di campionamento/quantizzazione a 16 bit.
Quello che ne esce è un flusso di dati a 3600 bit per secondo.
Chi fino ad ora ha provato ad utilizzare una radio D‐STAR si sarà reso conto che la percezione della voce non è proprio uguale all’analogico. Anzi, molti si sono stupiti del fatto che in digitale la qualità e la fedeltà della voce sembra essere inferiore, introducendo proprio un fastidioso effetto di compressione.
Tutto ciò è dovuto anche ad una scelta nello standard che può essere condivisibile o meno.
La voce si sarebbe ad esempio potuta codificare ad un bitrate più elevato ovvero introducendo meno compressione e migliorare probabilmente la qualità percepita, ma al prezzo di dover allargare la banda occupata.
Oggi il D‐STAR vanta un canale di soli 6.25KHz ed una deviazione di circa 2KHz (contro i 5KHz di deviazione e 25KHz di canale occupato dell’FM analogico che usiamo normalmente), modulando la portante con un flusso di dati a 4800 bit per secondo. 3600 bps della codifica vocale + 1200 bps dei dati associati a bassa velocità e protocollo.
Da notare che i 3600 bps della codifica vocale sono comprensivi dei bit aggiunti per la correzione d’errore (Forward Error Correction) usata dal chip. La voce vera e propria viene quindi codificata a soli 2400 bps.
La correzione d'errore
La parte di protezione dei dati e correzione d’errore, come accennato, è affidata per quanto riguarda la voce in gran parte al codificatore vocale AMBE.
E’ grazie all’efficienza di questi algoritmi che quando trasmettiamo in D‐STAR riusciamo a sentire ancora in modo comprensibile il corrispondente senza fruscio, quando nelle stesse condizioni in analogico ormai il rumore compromette l’intelligibilità.
Al riguardo, per riallacciarsi al discorso precedente sulla qualità della voce, si nota che al peggiorare del segnale ed avvicinandosi al limite della ricezione, la voce rimane sempre comprensibile e priva di fruscio, ma la qualità peggiora. Questo per via della distorsione introdotta dal fatto che parte dell’informazione
viene persa oppure è affetta da molti errori che iniziano a venir corretti solo in parte in ricezione.
E’ grazie all’efficienza di questi algoritmi che quando trasmettiamo in D‐STAR riusciamo a sentire ancora in modo comprensibile il corrispondente senza fruscio, quando nelle stesse condizioni in analogico ormai il rumore compromette l’intelligibilità.
Al riguardo, per riallacciarsi al discorso precedente sulla qualità della voce, si nota che al peggiorare del segnale ed avvicinandosi al limite della ricezione, la voce rimane sempre comprensibile e priva di fruscio, ma la qualità peggiora. Questo per via della distorsione introdotta dal fatto che parte dell’informazione
viene persa oppure è affetta da molti errori che iniziano a venir corretti solo in parte in ricezione.
Il protocollo
Il protocollo D‐STAR si occupa di gestire la comunicazione tra le diverse stazioni, ripetitori, gateway, etc…ed inserisce ulteriori informazioni allo scopo. Nel protocollo D‐STAR sono inoltre applicati altri sistemi di correzione d’errore e protezione dei dati.
Tutti i dati relativi ai nominativi delle stazioni, dei ripetitori, dei gateway utilizzati, sullo stato della comunicazione, etc…sono formattati dal protocollo D‐STAR in ogni frame trasmesso.
Tutti i dati relativi ai nominativi delle stazioni, dei ripetitori, dei gateway utilizzati, sullo stato della comunicazione, etc…sono formattati dal protocollo D‐STAR in ogni frame trasmesso.
La modulazione GMSK
Arrivati a questo punto, dobbiamo ancora modulare la portante con i nostri dati, ma quale tipo di modulazione viene usata?
L’FSK a cui si è accennato prima è piuttosto semplice, ma è poco efficiente, ovvero per trasmettere i nostri 4800 bps occuperebbe una banda troppo elevata, specialmente considerando che nelle specifiche del DSTAR
si partiva con l’obiettivo di occupare un canale piuttosto stretto.
La soluzione al problema è stata trovata nella modulazione GMSK (Gaussian Minimum Shift Keying) che tra l’altro è la stessa utilizzata dai telefoni cellulari con tecnologia GSM (non dall’UMTS!).
Analizzando una semplice modulazione FSK, si vede che il segnale modulante varia la frequenza della portante in base al simbolo da trasmettere in quell’istante (0/1) e non tiene conto del simbolo precedente, provocando delle discontinuità di fase della portante che come risultato allargano lo spettro del segnale trasmesso.
Per risolvere questo problema si ricorre ad una variante detta MSK (Minimum Shift Keying ), dove la fase del segnale è continua al variare della frequenza. Per ottenere questo la deviazione di frequenza è pari alla metà della durata del simbolo (bit) da trasmettere.
Il segnale così modulato genera ancora uno spettro con dei lobi laterali fuori banda indesiderati.
Per ridurre la presenza di queste componenti possiamo modulare la portante con degli impulsi non rettangolari, ma filtrati attraverso un filtro gaussiano: eccoci dunque arrivati alla famosa modulazione GMSK!
L’FSK a cui si è accennato prima è piuttosto semplice, ma è poco efficiente, ovvero per trasmettere i nostri 4800 bps occuperebbe una banda troppo elevata, specialmente considerando che nelle specifiche del DSTAR
si partiva con l’obiettivo di occupare un canale piuttosto stretto.
La soluzione al problema è stata trovata nella modulazione GMSK (Gaussian Minimum Shift Keying) che tra l’altro è la stessa utilizzata dai telefoni cellulari con tecnologia GSM (non dall’UMTS!).
Analizzando una semplice modulazione FSK, si vede che il segnale modulante varia la frequenza della portante in base al simbolo da trasmettere in quell’istante (0/1) e non tiene conto del simbolo precedente, provocando delle discontinuità di fase della portante che come risultato allargano lo spettro del segnale trasmesso.
Per risolvere questo problema si ricorre ad una variante detta MSK (Minimum Shift Keying ), dove la fase del segnale è continua al variare della frequenza. Per ottenere questo la deviazione di frequenza è pari alla metà della durata del simbolo (bit) da trasmettere.
Il segnale così modulato genera ancora uno spettro con dei lobi laterali fuori banda indesiderati.
Per ridurre la presenza di queste componenti possiamo modulare la portante con degli impulsi non rettangolari, ma filtrati attraverso un filtro gaussiano: eccoci dunque arrivati alla famosa modulazione GMSK!
Le modalità DV e DD
Il D‐STAR prevede due modalità, la prima è detta DV Digital Voice e la seconda DD Digital Data.
La modalità DV è pensata per trasmettere la voce e i dati associati a bassa velocità, ovvero possiamo trasmettere simultaneamente alla voce (ed è questo il vantaggio principale) anche dei dati ad una velocità di 960 bps. Non è una gran velocità, ma è sufficiente per trasmettere ad esempio i dati sulla nostra posizione presi da un GPS, oppure inviare/ricevere messaggi di testo, dati di telemetria piccole immagini in modalità simile alla SSTV.
TUTTI gli apparati D‐STAR sono compatibili con la modalità DV.
La modalità DD è invece pensata per la trasmissione di dati ad alta velocità. I 128 Kbps sono in realtà all’incirca 90 Kbps al netto del protocollo utilizzato. Rispetto alle velocità a cui siamo abituati con l’ADSL o la fibra non è granché, ma si tratta di una velocità quasi pari ad un doppio canale ISDN e comunque superiore al buon vecchio modem analogico 56k!
E’ abbastanza per visualizzare una pagina web, utilizzare la posta elettronica, inviare piccoli video in streaming, etc…
SOLO gli apparati D‐STAR in 23cm (1200MHz), sono compatibili con questa modalità, in quanto per trasmettere i nostri 128 Kbps, occupiamo circa 150 KHz di canale contro i 6.25 KHz della modalità DV!
Le radio con possibilità di trasmettere in DD hanno anche una porta Ethernet RJ45. Le radio NON hanno un indirizzo IP da configurare, ma si comportano come un HUB di rete, soltanto che nel mezzo tra una porta e l’altra c’è… l’etere!
Due PC opportunamente configurati e collegati ad esempio a due ID1 in modalità DD potranno “vedersi” in rete come se fossero collegati in LAN via cavo.
La modalità DV è pensata per trasmettere la voce e i dati associati a bassa velocità, ovvero possiamo trasmettere simultaneamente alla voce (ed è questo il vantaggio principale) anche dei dati ad una velocità di 960 bps. Non è una gran velocità, ma è sufficiente per trasmettere ad esempio i dati sulla nostra posizione presi da un GPS, oppure inviare/ricevere messaggi di testo, dati di telemetria piccole immagini in modalità simile alla SSTV.
TUTTI gli apparati D‐STAR sono compatibili con la modalità DV.
La modalità DD è invece pensata per la trasmissione di dati ad alta velocità. I 128 Kbps sono in realtà all’incirca 90 Kbps al netto del protocollo utilizzato. Rispetto alle velocità a cui siamo abituati con l’ADSL o la fibra non è granché, ma si tratta di una velocità quasi pari ad un doppio canale ISDN e comunque superiore al buon vecchio modem analogico 56k!
E’ abbastanza per visualizzare una pagina web, utilizzare la posta elettronica, inviare piccoli video in streaming, etc…
SOLO gli apparati D‐STAR in 23cm (1200MHz), sono compatibili con questa modalità, in quanto per trasmettere i nostri 128 Kbps, occupiamo circa 150 KHz di canale contro i 6.25 KHz della modalità DV!
Le radio con possibilità di trasmettere in DD hanno anche una porta Ethernet RJ45. Le radio NON hanno un indirizzo IP da configurare, ma si comportano come un HUB di rete, soltanto che nel mezzo tra una porta e l’altra c’è… l’etere!
Due PC opportunamente configurati e collegati ad esempio a due ID1 in modalità DD potranno “vedersi” in rete come se fossero collegati in LAN via cavo.
Le radio D-Star commerciali e l'autocostruzione
Ad oggi ICOM è l’unica casa produttrice che ha deciso di intraprendere con decisione la strada del D‐STAR, producendo una gamma completa di radio e ponti ripetitori.
Al contrario di quanto si possa pensare, l’autocostruzione del D‐STAR è assolutamente fattibile.
Certo, come in ogni attività di autocostruzione c’è bisogno di un minimo di conoscenza e strumentazione. La parte più complessa risiede non tanto nell’hardware, ma bensì nel software!
Ebbene sì, qui il software la fa da padrone perché implementa tutta quella parte del protocollo, della correzione d’errore, etc…
Fortunatamente si possono già trovare in rete alcuni esperimenti di autocostruzione con tanto di sorgenti e spiegazioni anche della parte software che sicuramente ci semplificano la vita!
Questo grazie ad alcuni radioamatori che si sono avventurati per primi su questo fronte e che certamente hanno una grande competenza tecnica.
Ecco di seguito alcuni esempi da cui iniziare:
• Il radioamatore giapponese Satoshi Yasuda 7M3TJZ, ha pubblicato sul suo sito (http://dstar.dyndns.org ) diversi progetti e documentazione, tra cui l’adattatore digitale/analogico che permette di utilizzare le nostre radio analogiche in D‐STAR (con l’aggiunta della scheda ICOM UT118), oppure un ponte ripetitore DV.
Del primo adattatore la rivista tedesca Funkamateur (http://www.funkamateur.de ) ha reso disponibile un kit di montaggio.
• DV Dongle: http://www.dvdongle.com , un piccolo adattatore USB per PC che racchiude in se il fatidico codec vocale AMBE 2020 (che non è implementabile soltanto via software!) e permette di collegarsi attraverso Internet ai Gateway D‐STAR sparsi per il mondo, chiacchierando con gli utilizzatori del relativo ponte ripetitore connesso.
• Un ricetrasmettitore D‐STAR auto costruito http://www.moetronix.com/dstar
• Da segnalare il sito http://www.opendstar.org di AA4RC impegnato nella realizzazione di un software Gateway e relative utility di tipo Open Source.
Tra i componenti chiave per la costruzione di un sistema D‐STAR ci sono il modem GMSK siglato CMX589 (http://www.cmlmicro.com ), il codec AMBE2020 per la modalità DV, il convertitore A/D e D/A tra cui alcuni della Analog Devices ( http://www.analog.com) possono essere utilizzati con successo.
Per quanto riguarda il software e la gestione del tutto ci si deve affidare ad un microcontrollore! Qui la scelta ricade spesso sulla famiglia di micro che l’auto costruttore conosce meglio, come ad esempio i PIC della Microchip ( www.microchip.com ).
Al contrario di quanto si possa pensare, l’autocostruzione del D‐STAR è assolutamente fattibile.
Certo, come in ogni attività di autocostruzione c’è bisogno di un minimo di conoscenza e strumentazione. La parte più complessa risiede non tanto nell’hardware, ma bensì nel software!
Ebbene sì, qui il software la fa da padrone perché implementa tutta quella parte del protocollo, della correzione d’errore, etc…
Fortunatamente si possono già trovare in rete alcuni esperimenti di autocostruzione con tanto di sorgenti e spiegazioni anche della parte software che sicuramente ci semplificano la vita!
Questo grazie ad alcuni radioamatori che si sono avventurati per primi su questo fronte e che certamente hanno una grande competenza tecnica.
Ecco di seguito alcuni esempi da cui iniziare:
• Il radioamatore giapponese Satoshi Yasuda 7M3TJZ, ha pubblicato sul suo sito (http://dstar.dyndns.org ) diversi progetti e documentazione, tra cui l’adattatore digitale/analogico che permette di utilizzare le nostre radio analogiche in D‐STAR (con l’aggiunta della scheda ICOM UT118), oppure un ponte ripetitore DV.
Del primo adattatore la rivista tedesca Funkamateur (http://www.funkamateur.de ) ha reso disponibile un kit di montaggio.
• DV Dongle: http://www.dvdongle.com , un piccolo adattatore USB per PC che racchiude in se il fatidico codec vocale AMBE 2020 (che non è implementabile soltanto via software!) e permette di collegarsi attraverso Internet ai Gateway D‐STAR sparsi per il mondo, chiacchierando con gli utilizzatori del relativo ponte ripetitore connesso.
• Un ricetrasmettitore D‐STAR auto costruito http://www.moetronix.com/dstar
• Da segnalare il sito http://www.opendstar.org di AA4RC impegnato nella realizzazione di un software Gateway e relative utility di tipo Open Source.
Tra i componenti chiave per la costruzione di un sistema D‐STAR ci sono il modem GMSK siglato CMX589 (http://www.cmlmicro.com ), il codec AMBE2020 per la modalità DV, il convertitore A/D e D/A tra cui alcuni della Analog Devices ( http://www.analog.com) possono essere utilizzati con successo.
Per quanto riguarda il software e la gestione del tutto ci si deve affidare ad un microcontrollore! Qui la scelta ricade spesso sulla famiglia di micro che l’auto costruttore conosce meglio, come ad esempio i PIC della Microchip ( www.microchip.com ).
pubblicato a Luglio 2012 - tratto da "Il D-STAR, un sistema digitale per i radioamatori" di IW3ROW ver. 1.0 Lug.2008