presenta:
Protezione da sovratensioni
per stabilizzatori 220/220 V a.c.
di IZ1TQI Aldo
Mi sono trovato in possesso di uno stabilizzatore di rete (220/220V
a.c.) non funzionante, credo si chiami a nucleo risonante [vedi nota ( 1) a
fondo pagina] da 700 VA; dopo aver sostituito il condensatore di risonanza il
dispositivo si è messo a funzionare bene ed allora ho pensato di utilizzarlo
nella mia stazione radioamatoriale come alimentatore, separatore dalla rete luce, dei miei Icom IC7000
e Yaesu FT1000mp Mark V.
L’ho corredato di volt-metro a.c. ( 220 V f.s.); di un circuito LC tosatore di transienti in ingresso. Poi mi è nata l’idea: una protezione qualora, per guasti occulti, il medesimo dovesse erogare, in uscita, una tensione molto maggiore di quella nominale, tale da danneggiare gli alimentatori degli apparati.
Ho rintracciato il prototipo usato per collaudare il circuito pubblicato con il titolo “Sovratensione di rete? scatta il salvavita”, mi sono procurato appunto un interruttore differenziale (salvavita) ed ho posto il tutto sull’uscita dello stabilizzatore, dopo aver tarato, come spiegherò in seguito, una tensione massima di 240 V a.c..
Lo stesso circuito ho posto a valle di un trasformatore separatore da 2 KVA, che alimenta il resto della stazione; il tutto funziona egregiamente.
Con il seguente dispositivo, infatti, la protezione avviene intervenendo sull’interruttore differenziale, cioè provocandone l’immediato distacco.
Una tale protezione è facilmente realizzabile in ogni stazione radioamatoriale, indipendentemente dai trasformatori separatori, ma semplicemente ponendo un interruttore differenziale, così modificato, separato dal resto della casa.
Se poi si volesse essere scrupolosi fino allo spasimo, non sarebbe una cattiva idea corredare il disposisitivo con l'aggiunta, in parallelo alla linea di rete, di uno scaricatore casareccio, costituito da una candela di automobile.
L’ho corredato di volt-metro a.c. ( 220 V f.s.); di un circuito LC tosatore di transienti in ingresso. Poi mi è nata l’idea: una protezione qualora, per guasti occulti, il medesimo dovesse erogare, in uscita, una tensione molto maggiore di quella nominale, tale da danneggiare gli alimentatori degli apparati.
Ho rintracciato il prototipo usato per collaudare il circuito pubblicato con il titolo “Sovratensione di rete? scatta il salvavita”, mi sono procurato appunto un interruttore differenziale (salvavita) ed ho posto il tutto sull’uscita dello stabilizzatore, dopo aver tarato, come spiegherò in seguito, una tensione massima di 240 V a.c..
Lo stesso circuito ho posto a valle di un trasformatore separatore da 2 KVA, che alimenta il resto della stazione; il tutto funziona egregiamente.
Con il seguente dispositivo, infatti, la protezione avviene intervenendo sull’interruttore differenziale, cioè provocandone l’immediato distacco.
Una tale protezione è facilmente realizzabile in ogni stazione radioamatoriale, indipendentemente dai trasformatori separatori, ma semplicemente ponendo un interruttore differenziale, così modificato, separato dal resto della casa.
Se poi si volesse essere scrupolosi fino allo spasimo, non sarebbe una cattiva idea corredare il disposisitivo con l'aggiunta, in parallelo alla linea di rete, di uno scaricatore casareccio, costituito da una candela di automobile.
Descrizione
In condiziono normali di esercizio la corrente che circola nel ramo di fase di tale interruttore (salvavita) è uguale ed opposta a quella del ramo neutro, però ogniqualvolta si determina una diversità tra le correnti dei due rami, l’interruttore stesso interviene interrompendo l’erogazione sulla linea.
Un tale sbilanciamento, per esempio, si ottiene con il pulsante di test che provoca la circolazione di una corrente aggiuntiva, tipicamente di 30 mA, su di un solo ramo, cioè tra un punto di una delle due polarità a monte del salvavita ed un punto a valle sulla polarità opposta.
Proprio questo provoca il dispositivo in predicato (vedi figura 1).
Sul partitore resistivo R1, P1, R2 è situato C1, la cui funzione è di limitare eventuali transitori sovrapposti alla tensione di rete e di accumulare l’energia necessaria a far innescare, al momento opportuno il triac TRC1, mentre LN1 ne determina la soglia di intervento.
Allorquando viene superata la tensione tipica di LN1 per cui il gas interno si ionizza, avviene, attraverso LN1ed R3, una circolazione di corrente sufficiente ad eccitare il gate di TRC1 che passa in conduzione. Proprio la conduzione di TRC1, a sua volta, determina la circolazione di una corrente in un solo ramo del differenziale provocandone il distacco.
Il riarmo naturalmente dovrà avvenire manualmente.
Badate che esistono Triac "duretti di innesco", tali da non consentire il corretto funzionamento del circuito, per cui è può essere necessario ridurre o, addirittura, eliminare R3.
In condiziono normali di esercizio la corrente che circola nel ramo di fase di tale interruttore (salvavita) è uguale ed opposta a quella del ramo neutro, però ogniqualvolta si determina una diversità tra le correnti dei due rami, l’interruttore stesso interviene interrompendo l’erogazione sulla linea.
Un tale sbilanciamento, per esempio, si ottiene con il pulsante di test che provoca la circolazione di una corrente aggiuntiva, tipicamente di 30 mA, su di un solo ramo, cioè tra un punto di una delle due polarità a monte del salvavita ed un punto a valle sulla polarità opposta.
Proprio questo provoca il dispositivo in predicato (vedi figura 1).
Sul partitore resistivo R1, P1, R2 è situato C1, la cui funzione è di limitare eventuali transitori sovrapposti alla tensione di rete e di accumulare l’energia necessaria a far innescare, al momento opportuno il triac TRC1, mentre LN1 ne determina la soglia di intervento.
Allorquando viene superata la tensione tipica di LN1 per cui il gas interno si ionizza, avviene, attraverso LN1ed R3, una circolazione di corrente sufficiente ad eccitare il gate di TRC1 che passa in conduzione. Proprio la conduzione di TRC1, a sua volta, determina la circolazione di una corrente in un solo ramo del differenziale provocandone il distacco.
Il riarmo naturalmente dovrà avvenire manualmente.
Badate che esistono Triac "duretti di innesco", tali da non consentire il corretto funzionamento del circuito, per cui è può essere necessario ridurre o, addirittura, eliminare R3.
Pretaratura.
Una volta in possesso di un interruttore differenziale e realizzato il circuito, vengono effettuati i giusti collegamenti, poi si porta il cursore di P1 verso R2 e si dà tensione.
Per il primo collaudo si ruota lentamente il cursore di P1 verso R1; poco oltre la metà corsa dovrebbe innescare LN1 e subito dopo , proseguendo nella rotazione, dovrebbe scattare il salvavita.
Se ciò non avviene invertire i collegamenti di ingresso rivolti verso lo stabilizzatore.
Taratura
a) Si regola P1 fino al punto in cui LN1 da accesa si spegne;
b) con voltmetro elettronico si misura la tensione su LN1, chiamiamola Vi;
c) poi si misura la tensione di ingresso Vr, proveniente dallo stabilizzatore.
Considerando di interrompere l’erogazione qualora la sovratensione raggiungesse 240Vac, allora la tensione da far assumere al partitore Vp ai capi di LN1 sarà:
Vp = (Vr x Vi) : Vmax cioè
Vp = (220 x Vi) : 240
Il risultato corrisponde alla tensione da impostare su LN1, ruotando P1 fino a fargliela assumere.
Osservazioni.
La resistenza di carico del marchingegno è R5 da 560 Ohm: essa provocherebbe una circolazione di corrente 390 mA, qualora l'innesco del triac avvenisse in fase con la semionda di rete, e quindi essa dovrebbe essere da 85 W e non da 3 W; il fusibile da 0,3A serve a non fare defungere R5, nel caso di cattivo funzionamento del circuito.
Tale resistenza non defunge perchè l'intervento del marchingegno è progressivo con l'entità della tensione di sovraccarico: infatti il sopraggiungere di una sovratensione maggiore di 240 V non provoca la conduzione "totale e a valanga del Triac", perchè l'innesco non avviene in fase con la semionda della tensione di rete, ma in ritardato e quindi il passaggio di corrente è limitato e, come si è detto, sono sufficienti 30 mA al distacco del salvavita; in questo caso, allora, la potenza dissipata dalla resistenza R5 è di circa un Watt.
Volendo essere pignoli si può corredare di un piccolo dissipatore anche TRC1.
LN1 non è una normale lampadina spia da 220 V privata della sua resistenza in serie, perché ha tensione di innesco è di circa 60/70V; la si può ottenere privando appunto una comune lampada spia al neon (220 V) della resistenza posta in serie, comunque in commercio dovrebbero trovarsi come richiesto dallo schema.
Per concludere la solita raccomandazione di legge: state operando su di un circuito sottoposto alla tensione di 220Vac pertanto siate cauti, non intraprendete il lavoro se siete in lite con la ragazza, se questioni di stato vi perturbano la mente, se temete che qualcuno vi faccia: " bauh" alle spalle, se tremate dal freddo, siate prudenti fino all’esasperazione, poiché una distrazione o una leggerezza da parte vostra può procurarvi conseguenze spiacevoli.
Come dico ai miei figli, le leggi moderne non mi permettono di obbligarvi, ma soltanto di persuadervi, se ne sono capace; ma nessuna legge mi può imporre di essere capace a persuadervi, ed infatti siamo ridotti a fare il processo alle intenzioni o a discutere, all'infinito, sul sesso degli angeli senza approdare a nulla.
Mentre con una o due "frustate" (una sola volta e mai più), punizione sostanziale, anzicchè formale come il rimprovero, vi insegerei "ipso facto"a riconoscere i vostri errori ed a correggerli e... sarebbe solamente per il vostro bene.
Nota1) Si tratta di un dispositivo costituito da tre induttori, su nucleo ferromagnetico: L1 ed L2 sono reattori non saturi, mentre L3 è un reattore autosaturabile con un condensatore C in parallelo; L3 e C hanno valori tali da costituire un circuito risonante all'incirca alla frequenza della corrente d'alimentazione. Per bassi valori della tensione l'impedenza di L3 risulta relativamente alta e la corrente assorbita dal gruppo L3C è capacitiva, mentre per elevati valori della tensione il valore di detta impedenza diminuisce e la corrente assorbita risulta induttiva. Esiste un valore VR della tensione che rende risonante il circuito L3C e rende nulla la corrente da esso assorbita; la stabilizzazione si effettua intorno a questo valore.
Una volta in possesso di un interruttore differenziale e realizzato il circuito, vengono effettuati i giusti collegamenti, poi si porta il cursore di P1 verso R2 e si dà tensione.
Per il primo collaudo si ruota lentamente il cursore di P1 verso R1; poco oltre la metà corsa dovrebbe innescare LN1 e subito dopo , proseguendo nella rotazione, dovrebbe scattare il salvavita.
Se ciò non avviene invertire i collegamenti di ingresso rivolti verso lo stabilizzatore.
Taratura
a) Si regola P1 fino al punto in cui LN1 da accesa si spegne;
b) con voltmetro elettronico si misura la tensione su LN1, chiamiamola Vi;
c) poi si misura la tensione di ingresso Vr, proveniente dallo stabilizzatore.
Considerando di interrompere l’erogazione qualora la sovratensione raggiungesse 240Vac, allora la tensione da far assumere al partitore Vp ai capi di LN1 sarà:
Vp = (Vr x Vi) : Vmax cioè
Vp = (220 x Vi) : 240
Il risultato corrisponde alla tensione da impostare su LN1, ruotando P1 fino a fargliela assumere.
Osservazioni.
La resistenza di carico del marchingegno è R5 da 560 Ohm: essa provocherebbe una circolazione di corrente 390 mA, qualora l'innesco del triac avvenisse in fase con la semionda di rete, e quindi essa dovrebbe essere da 85 W e non da 3 W; il fusibile da 0,3A serve a non fare defungere R5, nel caso di cattivo funzionamento del circuito.
Tale resistenza non defunge perchè l'intervento del marchingegno è progressivo con l'entità della tensione di sovraccarico: infatti il sopraggiungere di una sovratensione maggiore di 240 V non provoca la conduzione "totale e a valanga del Triac", perchè l'innesco non avviene in fase con la semionda della tensione di rete, ma in ritardato e quindi il passaggio di corrente è limitato e, come si è detto, sono sufficienti 30 mA al distacco del salvavita; in questo caso, allora, la potenza dissipata dalla resistenza R5 è di circa un Watt.
Volendo essere pignoli si può corredare di un piccolo dissipatore anche TRC1.
LN1 non è una normale lampadina spia da 220 V privata della sua resistenza in serie, perché ha tensione di innesco è di circa 60/70V; la si può ottenere privando appunto una comune lampada spia al neon (220 V) della resistenza posta in serie, comunque in commercio dovrebbero trovarsi come richiesto dallo schema.
Per concludere la solita raccomandazione di legge: state operando su di un circuito sottoposto alla tensione di 220Vac pertanto siate cauti, non intraprendete il lavoro se siete in lite con la ragazza, se questioni di stato vi perturbano la mente, se temete che qualcuno vi faccia: " bauh" alle spalle, se tremate dal freddo, siate prudenti fino all’esasperazione, poiché una distrazione o una leggerezza da parte vostra può procurarvi conseguenze spiacevoli.
Come dico ai miei figli, le leggi moderne non mi permettono di obbligarvi, ma soltanto di persuadervi, se ne sono capace; ma nessuna legge mi può imporre di essere capace a persuadervi, ed infatti siamo ridotti a fare il processo alle intenzioni o a discutere, all'infinito, sul sesso degli angeli senza approdare a nulla.
Mentre con una o due "frustate" (una sola volta e mai più), punizione sostanziale, anzicchè formale come il rimprovero, vi insegerei "ipso facto"a riconoscere i vostri errori ed a correggerli e... sarebbe solamente per il vostro bene.
Nota1) Si tratta di un dispositivo costituito da tre induttori, su nucleo ferromagnetico: L1 ed L2 sono reattori non saturi, mentre L3 è un reattore autosaturabile con un condensatore C in parallelo; L3 e C hanno valori tali da costituire un circuito risonante all'incirca alla frequenza della corrente d'alimentazione. Per bassi valori della tensione l'impedenza di L3 risulta relativamente alta e la corrente assorbita dal gruppo L3C è capacitiva, mentre per elevati valori della tensione il valore di detta impedenza diminuisce e la corrente assorbita risulta induttiva. Esiste un valore VR della tensione che rende risonante il circuito L3C e rende nulla la corrente da esso assorbita; la stabilizzazione si effettua intorno a questo valore.